Pietro Narducci (Milano 1793-Vercelli 1880) attr.
Ritratto di Filippo Zuccario di Robbio [1606 anno della donazione]
metà del XIX secolo [1847-1853]
olio su tela in cornice lignea color seppia, dim. cm. c.c. 125 x 97,3 x 6,5; s.c. cm 113,5 x 86
iscrizione: “SIG.R FILIPPO ZUCARIO DI ROBBIO CAVAGLIERE / LAURETANO BENEFATTORE ANNO 1606”
Proprietà: Inventario 1930 – Anno VIII Ospedale Maggiore Vercelli n°3381; Inventario Città di Vercelli n°26201
Restauro: 2023, M.G. Ferrari, V. Sfondrini, collaboratori al progetto: V. Cassaro e M. Buffa
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Voce narrante Ettore Cassetta
Nel sottostante portichetto affacciato sulla piazza “Antico Ospedale”, troverete, sul sottarco del secondo pilastro, quel che resta della pittura del mio stemma: una tonda e gialla zucca contornata dalle sue due foglie. Mi chiamo infatti Filippo Zucario o Zuccari, originario di Robbio e sono un cavaliere dell'Ordine Lauretano, preposto alla protezione della Santa Casa di Loreto.
Per la realizzazione dello stemma il pittore Giulio Ferrari da Lodi venne pagato con 12 fiorini il 16 luglio del 1606, quando ormai egli aveva concluso -e gli era già stato saldato- il ciclo di diciotto stemmi dei benefattori dell'Ospedale. Insomma, l'affresco della mia arma fu una prontissima aggiunta, voluta dagli Amministratori dell'ente, in segno di riconoscenza all'ingente donazione da me fatta soltanto pochi giorni prima, l'11 luglio. Con tale atto, rogato in Vercelli presso lo stesso Ospedale in presenza dei Signori Regolatori, lasciavo diversi beni, tra terre, cascine e case, da me posseduti in Montonero, alla Cantarana, a Caresana, a Stroppiana e a Gattinara.
Donavo altresì le tante proprietà immobiliari in città, ovvero una casa con bottega nella piazza pubblica che oggi chiamate piazza Cavour, sotto il portico nelle vicinanze di S. Michele, un'altra grande casa con tre botteghe, affacciate sulla strada degli Orefici, ora via Gioberti, e persino la mia casa d'abitazione, composta da vari edifici, giardino e pertinenze, posta nel tratto oggi denominato via Foa. Tutti questi possedimenti, insieme a vari censi, ossia redditi, donai con la clausola che se avessi voluto abitare presso l'ospedale, avrei goduto di una camera per dormire, dei pasti e di un medico, di medicine e assistenza, se mi fossi ammalato, e di un'annua pensione di scudi trecentocinquanta.
Posi anche degli obblighi verso i frati poveri di San Francesco, la chiesa che ora è intitolata a Sant'Agnese, nella quale stava l'altare della mia famiglia. E soprattutto volli che la mia donazione fosse destinata alla creazione di un apposito luogo, ben separato dalle infermerie, dove ospitare i convalescenti, spesso soggetti a ricadute se dimessi troppo presto; stabilii anche che, se forestieri, dopo la dimissione venisse loro donato qualche danaro oltre le spese per il viaggio, tre fiorini almeno. E non è tutto! In verità, fin dal 16 marzo del 1587, io avevo disposto un testamento, rogato in Pavia, che istituiva ex morte erede universale l'Ospedale di Vercelli, dandogli il peso perpetuo di maritare ogni anno quattro figlie miserabili e probe, fornendo altresì a ciascuna una dote di 150 fiorini in moneta sabauda. Avevo peraltro stabilito molti altri legati, a privati e a chiese della città, che l'Ospedale avrebbe avuto l'obbligo di onorare.
Disponevo infine di essere seppellito in San Francesco, davanti all'altare dell'Assunzione, per il quale avrebbero dovuto far dipingere un'ancona della Vergine Assunta. Ebbene, dopo la donazione del 1606, fui così determinato a lasciare tutto il mio patrimonio al venerando istituto, che, con codicillo del 24 settembre 1610, lo liberai dagli obblighi testamentari mediante l'annullamento di tutti gli altri legati, a chiunque li avessi fatti. Morii a Milano il 5 giugno 1620, senza moglie né figli. Aperto il mio testamento, l'Ospedale si trovò accresciuto di ulteriori beni immobili, fra cui una bottega con fondaco e cantina nella piazza grande ora Cavour, sotto il portico dei mercanti, vicino alla chiesa di San Tommaso. Negli anni a seguire pervennero inoltre all'Ospedale tutti i numerosi crediti che io vantavo nei confronti di varie persone e famiglie di Vercelli, Stroppiana, Biella, Viverone e Milano. Così articolato e ricco fu il mio lascito complessivo che Vittorio Mandelli, l'insigne storico vercellese che per circa due decenni a partire dal 1838 fu Segretario e Archivista dell'Ospedale, lasciò tra le carte dell'archivio storico una lunga relazione manoscritta, che descrive e quantifica in Lire di Piemonte della sua epoca le somme ricavate sia dalla donazione che dall'eredità, per un totale generale di Lire 66.261,94, sarebbe a dire tra i 350.000 e i 400.000 Euro odierni.
CARTA D'IDENTITÀ
BENEFATTORE: Giovanni Filippo Zuccari (Robbio ?- Milano, 5 giugno 1620)
STATUS: cavaliere dell'Ordine Lauretano, “cittadino di Vercelli et decurione”
LASCITO: con testamento del 16 marzo 1587, nominò l'Ospedale erede universale, con il peso perpetuo di maritare ogni anno quattro figlie povere con una dote di 150 fiorini in moneta sabauda. L'11 luglio 1606 fece una ingente donazione all'Ospedale, tra cascine e terreni nel vercellese e molti immobili a Vercelli, compresa la propria casa di abitazione. Il lascito avrebbe dovuto finanziare un luogo apposito di convalescenza per i dimessi dall'Ospedale.
RITRATTO: è raffigurato come cavaliere in armi, con spada, elmo e gorgiera, ed esibisce la medaglia dell'Ordine Lauretano. E' in posa sulla tolda di una nave, con un orizzonte marino, a richiamare il ruolo a difesa della Santa Casa di Loreto dagli attacchi pirateschi dell'Adriatico. Il dipinto è la copia ottocentesca del ritratto originario.
PITTORE: l'opera è commissionata, insieme ad altri trentacinque quadri, a Pietro Narducci, professore all'Istituto di Belle Arti di Vercelli, che già aveva lavorato per quelli dell'Ospedale Ca' Granda a Milano. I ritratti, eseguiti tra il 1847 e il 1853, erano pagati 100 lire cadauno. L'Ospedale intese così restaurare “anzi riformare”, i ritratti dei benefattori “resi quasi indecenti di stare affissi al pubblico per loro vetustà ed esalazioni delle stufe”.
Testi e schedatura a cura di L. Berardi e C. Lacchia, 2023.